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giovedì 21, Novembre 2024

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Caffè Napoletano: Storia ricetta e particolarità

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Il caffè napoletano vanta secoli di tradizione ed è uno degli aspetti più celebri e tipici della città campana. Ogni visitatore o turista che si trova a Napoli non può infatti fare a meno di notare come un buon caffè, accuratamente preparato, rappresenti un momento di piacere ricco di gusto. Il caffè napoletano è un vero e proprio stile, un modo di prendersi una pausa soddisfacente, e va quindi ben oltre la preparazione di un espresso, coinvolgendo anche sensi come l’olfatto e il tatto.

La miscela del caffè napoletano venne introdotta a Napoli da Maria Carolina D’Asburgo attorno al 1770 e fece innamorare, nel giro di pochissimo tempo, i napoletani di questa bevanda (inizialmente un po’ scettici a causa del colore nero, associato alla sfortuna, o alla “iella”, come direbbero a Napoli). Nel giro di poco tempo però il caffè napoletano andò ben oltre l’essere una semplice bevanda ma divenne una vera e propria tradizione ben curata che coinvolge la scelta dell’aroma preferito.

Caffettiera napoletana

La caffettiera napoletana, detta anche “Cuccuma” o “Cuccumella”, è molto particolare. Il suo utilizzo rappresenta uno dei modi più “antichi” per preparare il caffè, ma ancora molto apprezzato. Questa caffettiera ha un funzionamento molto particolare, praticamente opposto a quello della moka convenzionale, studiato per offrire una tazzina di espresso dall’aspetto molto corposo e dal sapore robusto.

Caffè Napoletano in graniNello specifico prevede un bollitore che viene riempito d’acqua fino a 1,5 cm dal bordo, un portafiltro contenente il caffè e il serbatoio che conterrà il caffè una volta pronto. Quando il vapore inizia ad uscire dalla macchinetta viene spento il fornello e la caffettiera viene capovolta per circa due minuti. In questo modo il caffè si deposita nel serbatoio per essere poi servito.

Rispetto alla classica moka i fori presenti sul portafiltro della caffettiera napoletana sono più grandi e per questo motivo la miscela del caffè napoletano prevede l’uso di un caffè macinato in modo più spesso rispetto a quanto avviene in altre zone d’Italia. Di conseguenza per una buona preparazione viene acquistato il caffè napoletano in grani e poi macinato con la giusta misura, per evitare che questo si depositi nel serbatoio.

Miscela caffè napoletano

Passano i secoli ma la miscela del caffè napoletano resta una delle più amate al mondo. Non esiste un’unica ricetta del caffè napoletano ma questa denominazione fa riferimento al metodo di produzione visto in precedenza. Le differenze nella preparazione dipendono dai gusti personali e possono riguardare aspetti come ad esempio:

  • amaro o zuccherato;
  • corretto, espresso o macchiato;
  • nella tazzina o nel bicchierino di vetro.

Vi sono però aspetti irrinunciabili che fanno parte della tradizione del caffè napoletano e della sua ricetta. Tra questi troviamo il fatto che la tazzina o il bicchierino devono essere rigorosamente riscaldati (per questo nell’introduzione abbiamo detto che un buon espresso napoletano coinvolge anche il tatto) e il fatto che i chicchi di caffè vengono tostati più a lungo e a temperature più alte.

Questa speciale miscela dà al caffè la tanto amata “cremina” che la tradizione vuole che venga “rigirata” con il cucchiaino. Senza dimenticare l’acqua che per un buon caffè espresso napoletano è fondamentale e che, sempre secondo la tradizione, dovrebbe essere quella proveniente dalle sorgenti dei monti dell’Irpinia.

Marche storiche di caffè napoletano

Le marche di caffè di Napoli sono molte, proprio a motivo della forte tradizione che questa bevanda ha in questa specifica zona geografica. Ve ne sono varie che hanno però un’importante storia, essendo presenti ormai da molti anni, tanto da essere diventate un punto di riferimento. Solo per menzionarne alcune è importante ricordare:

  • Kenon (1892)
  • Aloia (1934);
  • Passalacqua (1948);
  • Barbaro (1956);
  • Toraldo (1960);
  • Moreno (anni 60);
  • Kimbo (1963).

Le tre “C” del caffè di Napoli

Il caffè napoletano per essere ben fatto si dice che debba rispettare la regola delle tre c. Ovvero deve essere servito: caldo, comodo e carico. Queste tre C nascono dalla formula dialettale napoletana “comme cavolo coce“. La regola contiene il concetto che l’espresso napoletano con la sua immancabile crema, deve essere caldo, anzi quasi bollente (nella tazzina a circa 70°).

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Deve poi essere comodo nel senso che è quasi un rito e quindi una pausa caffè non può mai essere fatta di fretta. L’aroma del caffè napoletano richiede i suoi tempi per essere degustato (tanto che il rituale del caffè napoletano è stato recentemente candidato come possibile patrimonio Unesco). Infine deve essere carico nel senso che dovrebbe essere ricco di gusto e di caffeina. Ecco perché questo espresso continua a fare la storia del caffè.

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